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Flora e fauna
Buonvicino si estende su un territorio appartenente al complesso dei monti di Orsomarso e Verbicaro, compresi nel parco del Pollino. Ricoperto da boschi abitati da selvaggina, adorno di erbe officinali e frutti di bosco, da sempre ha offerto spontaneamente i naturali mezzi di sostentamento per gli stanziali. Chi volesse riempire i propri occhi di splendide vedute, non ha che da raggiungere uno dei punti panoramici di Buonvicino: il Belvedere presso il centro storico, la località Madonna della Neve e il Sasso dei Greci (mt. 974); la Pietra del Cisso (mt. 1345); il monte Petricelle (mt. 1758); il monte Frattina (mt. 1535). Oppure, in primavera, oltrepassare la gola del Corvino dalle pareti verticali tappezzate di stalattiti, per raggiungere la vallata del Serapodolo e godere con la vista e l’olfatto delle favolose fioriture di orchidee selvatiche, viole, genziane e campanule. O ancora seguire un itinerario escursionistico predisposto per promuovere la conoscenza e la fruizione della montagna e per poter trascorrere del tempo libero all’aria aperta. Il sentiero offre la visione di aspetti paesaggistici interessanti senza presentare particolari difficoltà; esso misura km. 2,800 con un tempo di percorrenza previsto di ore 1,30''. La ricchezza del territorio di Buonvicino è l’acqua. Buonvicino ha un torrente: il Corvino. Un tempo la sua portata d’acqua era maggiore tanto che i Romani lo definivano fiume, il “Fiume del Diamante”. Dopo l'anno Mille alcuni marinai provenienti da Amalfi, spinti dalla necessità di procurarsi del buon legname per la flotta, utilizzarono la foce del Fiume del Diamante come punto d’imbarco per i tronchi tagliati sulle montagne di Buonvicino. Questi marinai si stabilirono sulla collina di Malfitano (ogni angolo di Buovicino nasconde una storia!) e nei pressi della foce del torrente costruirono un mulino, che denominarono “u' Mulìnu u' Cùorvo" (a causa dei corvi che vi nidificavano) e ribattezzarono il corso d’acqua “Torrente Corvino”. Affluenti del Corvino sono il Bottario, Casalino, Celle e Venicelle. Tante sono poi le fonti sorgive: "Cisso", "Ciraso", "Palummo", "Serrapodolo", "Natalino", "Galato", "Grupo". Rigogliosi boschi crescono nelle località di Valle del Drago, del Vallone dello Sfrasso, del Vallone del Cisso, della Serra Commaroso, della Valle della Frattina, della Valle di Guida. E ben si sa che l’esistenza degli alberi procura accoglienza e vita nel sottobosco ad altre piante e agli animali. Importanti per la vita contadina sono da sempre stati le querce, presenti con diverse specie, fruttifere di ghiande fornitrici di legno molto resistente, utilizzato per le travature edili e per la costruzione di botti. Ma anche i castagni e i noci. Nel sottobosco al buio e all'umido crescono le felci, utili per ricavarne dei ricoveri per gli animali dell'aia, e in autunno i funghi. Nelle radure a bassa quota gli alberi lasciano il posto a piante aromatiche come il mirto, il rosmarino, la salvia e la lavanda. A erbacee perenni come l'origano e l'asparago selvatico. E ancora più giù, a piante utilizzate in campagna: canne, sparto, niepita. E ancora alle piante spontenee edibili quali le cicorie di campo, il lampascione, il finocchio selvatico. Altro regalo del territorio montano-collinare di Buonvicino sono i fiori che vi crescono spontaneamente. Narcisi, calendule, orchidee, gladioli, ciclamini, amaranti. Curiosità: "i fiori di vulluto" sono i fiori di san Ciriaco. La loro fioritura corrisponde al periodo della festa patronale e quando i fiori per addobbare la chiesa non si compravano, gli amaranti erano quelli maggiormente presenti sull'altare. Sono originari dell'Asia. Il nome "amaranto" deriva dal greco "amarantos" e significa "che non appassisce", dunque è simbolo dell'amicizia, della stima reciproca, di tutti i sentimenti veri che non cambiano con il trascorre del tempo. Per gli antichi greci erano fiori sacri e ne facevano ghirlande che poi donavano alle dee per otterne la benevolenza. Per i romani la pianta era in grado di tenere lontana l'invidia. Nel periodo rinascimentale lo si portava addosso non solo per ornamento, ma anche perché si credeva desse benessere fisico. Fra le erbe che coprono i prati va ricordata l'avena barbata della famiglia delle graminacee, se non altro per il gioco che si fa da bimbi. Sapete si? E' l'erba dei "ziti"! Diffusi sono i mammiferi di piccola taglia: il nero scoiattolo meridionale, l'assonnato ghiro e lo spinoso riccio. Curiosità: la carne del riccio è considerata ancora oggi una leccornia dai contadini vecchio stampo e in questo riecheggia la voce della dominazione aragonese; un tempo era assai diffusa in Spagna la tradizione di cibarsi di questi esserini durante la Quaresima. E ancora, la donnola, la faina e la comunissima volpe, diventate ladre di galline per necessità, data la scarsità delle loro prede naturali. Si può scorgere qualche esemplare di cinghiale e di capriolo appenninico grazie alle reintroduzioni effettuate dall'uomo. Gli uccelli più facili da avvistare sono i rapaci; è possibile vederli volteggiare a quote elevatissime e piombare sulle prede a terra o in volo. Comuni sono il gheppio e la poiana. Nei boschi più fitti ed estesi volano tra gli alberi inseguendo le prede l’astore e lo sparviero. Tra i rapaci notturni che si palesano con i loro lugubri versi durante la notte abbondano la civetta, l’allocco, il barbagianni mentre più rari sono il gufo comune e il gufo reale. Tra i corvi oltre la cornacchia grigia e la taccola, la gazza ladra e la rumorosa ghiandaia, il rappresentante più importante è il corvo imperiale, visibile però nelle zone più alte, completamente nero, dalla grande mole e dal pesante volo. I Picchi in genere più che vederli si possono sentire: emettono un verso caratteristico per ogni specie somigliante ad una fragorosa risata oppure in primavera durante i corteggiamenti tamburellano fortemente sui tronchi con il loro potente becco. Poi ci sono i piccoli uccelli: l’averla piccola, la ballerina bianca, la cince, il culbianchi, il fiorrancino, il pettirosso, il giallo rigogolo, il merlo, la tordella e i colombacci. Tra i rettili, i più diffusi sono il cervone, grande e innocuo, il colubro o saettone considerato uno dei più bei serpenti del mondo. La vipera comune è l’unico ofide velenoso. Comunissimi sono il ramarro, la lucertola e il geco. Nelle acque limpide e ossigenate del torrente Corvino, sul suo fondo sassoso-ghiaioso si ritrovano popolazioni di trota grazie alle reintroduzioni effettuate dall'uomo. Nei corsi d'acqua minori vive anche un crostaceo divenuto ormai raro in Italia: il granchio di fiume. Intorno ai corsi d'acqua volano le libellule, predatrici di larve di zanzara.
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