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Autore Topic: I Templari A Tavola  (Letto 3592 volte)

ramingo

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I Templari A Tavola
« il: 07 Marzo 2009, 18:06:52 »

FONTE:www.taccuinistorici.it

i Templari a tavola


A metà del XIII sec. ogni monaco guerriero aveva:
la propria ciotola di corno o probabilmente in legno di quercia;
un cucchiaio;
un coltello;
due coppe (una per i pasti consueti e una per quelli di festa).

I cavalieri, i sergenti e gli scudieri mangiavano separatamente.
C'erano perciò due servizi, detti «conventi», mentre nelle grandi commende se ne
aggiungeva un terzo, in ragione del numero dei fratelli e della varietà di mansioni.

Nel refettorio il posto d'onore spettava abitualmente al commendatario (o precettore) della casa.
I primi arrivati e i più vecchi sedevano con le spalle al muro, e gli altri li fronteggiano.
Il cappellano impartiva la benedizione, e i presenti si alzavano per recitare un Pater noster.
A turno, uno dei fratelli prendeva posto nella cattedra per fare la lettura prevista dalla Regola.

I commensali sedevano uno di fronte all’altro, su lunghe tavole ricoperte da tovaglie bianche,
tranne il Venerdì Santo quando, in segno di umiltà, consumavano il pasto sul nudo legno.

Ognuno aveva i propri suppellettili e un pezzo di pane.
Sulla tavola non c’erano recipienti, perché le bevande venivano versate dai servitori.

Gli uomini in bianco tagliavano il pane e lo intingevano nei grandi piatti che contenevano diversi tipi di carni e verdure.

Era proibito parlare e perciò venivano utilizzati gesti convenzionali per chiedere quello di cui si aveva bisogno.

Non ci si poteva alzare prima del commendatario, salvo che non si perdesse sangue dal naso o che si verificasse
qualche evento straordinario. Accanto al precettore, un fratello mangiava per terra accovacciato sul pavimento,
in segno di una penitenza formalmente prevista dalla Regola; era infatti prerogativa del maestro fare la carità di
un po' di cibo al penitente.

I Templari dovevano tagliare di netto con gesto elegante il pane, il formaggio, la carne
e il pesce, perché gli avanzi venivano destinati ai poveri.
Il regime alimentare dell’Ordine bandiva ogni ricercatezza gastronomica; ghiottoneria, voracità e intemperanza erano vietate.
Il cibo dei cavalieri era per principio più abbondante di quello dei domestici.
Anche se la qualità era per tutti uguale, i monaci guerrieri avevano tre razioni mentre i servitori due,
anche perché questi ultimi non sottoposti all’obbligo degli stessi digiuni.
« Ultima modifica: 07 Marzo 2009, 18:17:38 da ramingo »
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sotto questa maschera troverai un volto, ma quel volto non é il mio
più di quanto lo sia la carne o le ossa ancora più sotto di esso.

ramingo

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I Templari A Tavola
« Risposta #1 il: 07 Marzo 2009, 18:27:05 »

il cibo abituale

in occidente
[/b]

Il cibo che veniva servito sulla tavola templare era il risultato della produzione interna della precettoria.
Solo in particolari occasioni il commendatario poteva fruire della sua “borsa” per l’acquisto di alimenti.

In Occidente l’animale allevato per eccellenza era il maiale, le cui carni salate o affumicate, venivano conservate
per essere consumate al bisogno.

Le specie da cortile, come galline e oche, garantivano invece carni fresche e uova.

Nelle case ubicate in zone montane, i Templari prediligevano l’allevamento di pecore e capre, dal cui latte preparavano
e stagionavano formaggi destinati sia alla mensa che alla vendita nei mercati.

Come tutti gli ordini monastici, durante il periodo della Quaresima e dell’Avvento (da Ognissanti a Natale, chiamato
“piccola Quaresima”), gli uomini dell’Ordine si astenevano dal mangiare le carni.

Alimenti importantissimi erano zuppe, polente, pesce fresco o conservato (sotto sale e affumicato); fu per questo che
venne sviluppata la pescicoltura nelle precettorie lontane da mari, fiumi o laghi.

Il consumo di frutta si limitava a quella che nasceva spontanea, ad esempio mele, pere, noci o nocciole.

Alcuni autori non hanno esitato a scrivere che il Tempio aveva almeno novemila commende in Occidente:
vale a dire in Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Germania e Italia.
Questa cifra sarebbe esagerata, o piuttosto rappresenterebbe il totale delle precettorie e delle loro dipendenze: casali e fattorie.




in oriente
[/b]

Grazie alle rendite provenienti dalle precettorie d’Occidente,
i fratelli templari d’Oriente potevano mantenere e difendere le case d’Oltremare.

Si trattava soprattutto di castelli che, pur opponendo una difesa dura e vigorosa agli infedeli, erano abbastanza indipendenti
da ricorrere alla negoziazione diretta, e da concludere con gli emiri locali trattati di alleanza o di neutralità.

Temibili fortezze templari sorgevano in punti strategici, sbarrando strade e vallate essenziali, proteggendo il retroterra
e le sue ricche città.Per renderci conto della potenza dell’Ordine bisogna precisare che, verso la fine del XII sec.,
esso possedeva in Terrasanta diciotto grandi fortezze complete di guarnigioni.
Ognuna di queste piazzeforti
controllava fortificazioni d’importanza minore e centinaia di casali, con mulini, oliveti, vigne, terreni e foreste di cedri.
Nella “Histoire de la conquete de la Syrie et de la Palesatine per Saladin”, opera dello scriba Imad-ad-Din,
è possibile trovare la descrizione del castello di La Fève (Al-Fulah).

“Al-Fulah era la cittadella più bella e più forte, più ricca d’uomini e d’approvvigionamenti.
Quel castello fortificato apparteneva ai Templari.
Era un luogo inespugnabile, una base solida. Vi erano una fonte inaccessibile, una zona ricca di pascoli,
una fattoria come punto d’appoggio, un terreno ben preparato.
Vi passavano l’inverno e l’estate, ricevevano con una ospitalità fastosa, vi tenevano cavalli che facevano
gran mostra di se; di là diffondevano i torrenti delle loro truppe…”.

Nella dieta dei Templari si riscontravano differenze rilevanti tra le precettorie occidentali e quelle orientali.

L’Histoire des Croisades di Jacques de Vitry registra lo stupore dei nuovi arrivati Oltremare di fronte a popolazioni multicolori, frutti misteriosi, animali strani.
I pellegrini descrivevano la Terrasanta:
“Terra di frumento e d’orzo, di viti e olivi, di fichi e melograni”.

I monaci guerrieri si nutrivano di carne, pesce e verdure, come in Europa, mentre i condimenti prevedevano
oltre alle spezie anche le salse locali.

Oltremare venivano privilegiate le carni di montone, pecora, capra e degli animali da cortile.
Il maiale era consumato raramente, probabilmente sia a causa del clima che per il rispetto delle usanze locali arabe,
secondo la cui religione era bandito.
Estesi oliveti producevano olio in quantità, le vigne davano ottimo vino, e per dolcificare i Templari d’Oriente
non utilizzavano solo il miele ma anche la canna da zucchero.

Il pane veniva confezionato sia in forme lievitate che schiacciate, e poiché la Palestina garantiva una gran
quantità di frumento, lo si preparava sopratutto con questo cereale, e non come in Occidente con segale o altre granaglie.

La dieta dei cavalieri prevedeva legumi come ceci, lenticchie, piselli, fagioli dolici.
Gli ortaggi più diffusi erano cetrioli,
asparagi, carciofi, melanzane, spinaci, aglio, cipolla. Rinomato era lo scalogno, così chiamato per il nome
della località palestinese di Ascalon dove sembra ebbe origine.

Oltremare i monaci guerrieri potevano disporre di un’abbondante varietà di frutti, alcuni semisconosciuti in Occidente,
quali limoni, cedri, arance amare e banane.
Albicocche, datteri e fichi trovavano impiego sia freschi che secchi in forme simili a focacce.
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sotto questa maschera troverai un volto, ma quel volto non é il mio
più di quanto lo sia la carne o le ossa ancora più sotto di esso.

 

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