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Ippolito Cavalcanti Duca di Buonvicino
Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, nacque il 2 settembre 1787 e morì il 5 marzo 1859.
Discendente di Guido Cavalcanti, amico di Dante e poeta del dolce stil novo.
Nel 1311 la famiglia lasciando la Toscana si trasferì in Calabria e venti anni dopo, Giovanna I nominò un Cavalcanti viceré, facendolo iscrivere fra le famiglie nobili cosentine.
Nel 1795 la Real Benevolenza concesse ai Cavalcanti anche il titolo ducale e l'attributo di Buonvicino consentendo così di adornare il blasone, cosparso di croci di Malta, anche nella corona.

La Cucina teorico pratica di Ippolito Cavalcanti, ha in se meriti superiori a quelli della letteratura gastronomica corrente ai suoi tempi, ma presenta il suo miglior titolo nell'appendice che segue nella seconda edizione del trattato, in forma di cucina casereccia , ciò che conferisce un colore proprio alla cucina casereccia è soprattutto nella felice qualità di certi inserti aneddotici.

immagine Erede di una gloriosa tradizione, Cavalcanti tramanda con semplicità un tratto della cucina tradizionale.
Il suo libro è la testimonianza di un gusto semplice e raffinato, ed i piatti raccolti, siano essi preparati per mense ricche o povere, vengono considerati un diletto d'autore.
Questo nobile gentiluomo, che editò "La cucina teorico pratica" per la prima volta a Napoli nel 1837, sembra abbia dedicato gli ultimi venticinque anni della sua vita alla stampa e alle ristampe, sempre diverse, del suo ricettario.

Facendo un "pellegrinaggio" attraverso i ceti sociali, Cavalcanti suddivide il manuale in due parti: la prima in italiano, per nobili e ricchi borghesi, la seconda in dialetto, per il popolo e la borghesia(la prima edizione scritta in dialetto Buonvicinese).
Ippolito, oltre alle varie ricette, redige in dialetto anche dei piatti per le ricorrenze importanti dell'anno: Natale, Capodanno, Pasqua ecc.

immagine Si presume che il duca passò molto tempo a Buonvicino e trasse di qui lo spunto e la materia prima per la preparazione di alcune ricette.
Riportiamo un breve tratto della prima edizione della sua opere, scritta in puro dialetto Buonvicinese, che i molti gastronomi partenopei hanno tradotto in dialetto napoletano, facendone perdere tutta la sua bellezza e originalità.

Di seguito proponiamo alcune Ricette del Cavalcanti.


Come si cocino i maccaruni
I maccaruni puru passanu ppe minestra, t'arraccumanno però de li coce virdi virdi, minannuli dint'a caudara quannu vulla,
justu mmienzu (e t'aia dici nu dispiettu ca ficia na vota nu cuocu a la Patruna, che facieva mangiarli livannuli lu sapure,
pichì li minava dint'a cavudara prima chi vulliva, e accussì ni livava tuttu lu sapuri picchì chillì maccaruni vinivanu tutti ncullusi,
e io ppè bedè si era veru chistù chi m'avevanu dittu voletti na matina farne la sperienza e bidetti a verità)


Gallinaccio a lo forno

Dal Trattato di cucina teorico pratica, di Ippolito Cavalcanti, dal Pranzo de 'll unnece de Novembre
Piglia 'no bello galiinaccio, acciso, spennato, sbentrato, e lavato, lo nguosce, lo sudugne de nzogna, e l'accounce dinto a na tiella, a doje maneche, co' sale e pepe, e lo faje cocere a lo furno, junno junno, comm a no passetiello; lo miette dinto a lo vacile, e lo sierve.


Vermicelli alle vongole

Questa è una preparazioni del duca di Buonvicino , estratta dal suo "Trattato di cucina teorico pratica".

Lavare dapprima le vongole ripetutamente, cercando di eliminare la maggior
parte di quantità possibile di sabbia.
Metterle in una padella con pochissimo Olio e farle aprire scartando quelle che rimangono chiuse.
Con cura, togliere le vongole dalle valve,
ricuperare il fondo di cottura e filtrarlo attentamente. Mettere divisi, a parte, liquido e molluschi.
Far cuocere, molto al dente, dei vermicelli in acqua salata.
Nel frattempo in un tegame, largo e poco alto, mettere olio e scaldarlo, senza farlo soffriggere. Unire il liquido delle vongole , sale e pepe abbondante.
Appena i vermicelli sono cotti, scolarli, ma non troppo, metterli nel tegame, unire le vongole, il prezzemolo tritato e mescolare velocemente, per pochi istanti.
Servire i vermicelli alle vongole caldissimi


Vigilia de lo Santo Natale

Vruoccoli zuffritti co l'alice salate - Vermicelli co la mollica de pane,
o pure zuffritti co l'alice salate - Anquille fritte - Ragoste vollute co la
sauza dè suco de limone e uoglio - Cassuola de calamarielli e seccetelle -
Pasticcio di pesce - Arrusto de capetone - Struffoli.


Vermicelli co la mollica

Gratta tre quarti de pane suduticcio ( dei giorni precedenti ) ,
lo miette(lo metti) dinto a na cazzarolla granna (in una casseruola grande ) con miezo
uarto( 125 gr:) d'alice salate, pulite e spinate, pepe soverchio
( molto abbondante ) , e doje musurelle d'uoglio buono
( due misurini di olio buono ) , e farraje ncoppa a la fornacella co poco fuoco abbruscà la mollica
( farai abbrustolire la mollica su una piccola fornacella ) ,votanno sempre
co la cocchiara ( girando sempre con il cucchiaio), facenno asciuttà
l'uoglio ( facendogli asciugare l'olio ), e la farraje fà jonna ( la farai
fare bionda ) jonna e asciutta a la miette dinto (metti dentro) a no piatto
lario ( largo ? ); pè ntramente ( nel frattempo ) farraje vollere l'acqua
assaje ( farai bollire acqua abbondante ) dinto a la caudara
( nel pentolone ) ,nge scaudarraje doje rotola ( ci cuocerai un chilo)
de belli vermicielli e vierd' vierde ( molto al dente ? )
li sculi, e li mmeniesti (e li versi )
dentro la zuppiera con quella mollica di pane pe mmiezo
( al centro ) e te dico ca sonc'assai saporiti ( qual'è la traduzione ? ).


Anquille fritte.

Piglia due rotoli ( circa due chili ) d'anquille , ma chelle no cchiù
peccerelle de no quarto ( però non più piccole di 250 gr.) pecchè po
saranno( perchè altrimenti sono )mignatte e no anquille , lle llave (lavi )
belle e pulite , ne farraje tre o quatto parte l'una ( le taglierai in tre o quattro pezzi ) ,
lle nfarinarraje ( le infarini ) e lle faje fritte co l'uoglio ( le friggi in olio )
asciutt'asciutte e l'accuonce ( sistemi ) dinto a lo piatto.


Bollito de Ragoste.

Piglia tre rotola di ragoste vive, ma chella nò cchiù de tre quarte grosse
(non più grandi di tre quarti ) le scaude (bolli) , e le spacche a luong'a
lungo ( le spacchi al centro ) ,nge miette ncoppa petrosino ntretato fino
fino ( ci metti sopra del prezzemolo tritato molto fino ) e po co la sauza
d'uoglio ( salsa di olio ), e zuco ( succo ) di limone, sale , e pepe dinto
a lle salzere ( dentro la salsiera ) lle servvarraje (le servirai).

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