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Autore Topic: Racconti  (Letto 73121 volte)

ramingo

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« Risposta #15 il: 22 Settembre 2007, 20:22:32 »

... la morale?
quello che non ti uccide ti manda all'ospedale!

ah ah ah

 
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Massimiliano

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« Risposta #16 il: 23 Settembre 2007, 01:02:44 »

Ha ha ha ha! :lol:

Ho capito poco ma letto tutto :lol:

azz ma sai che sei brava sul serio? anche se lo stile è Dario argento's like :lol:

La morale poi.. estremamente veritiera.. anche se all'una di notte non è che sia poi tanto sveglio.. ci dormo sopra... chissà che non riesca ad avere chiarimenti nel sonno.. :P

:lol: ciao!! ;)
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ramingo

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« Risposta #17 il: 04 Ottobre 2007, 22:42:38 »

Incubo

Proprio quando il ricordo comincia a svanire, Loro ritornano.
Dopo un giorno di ordinaria vita sballata, senza scopo e senza significato, mi ritrovo nel letto che scorta il mio ingiustificato riposo notturno, senza sogni e senza merito.
Dormo.
E
Loro
Ritornano.
Me ne accorgo perché non posso muovermi.
Un attimo primo sono, distesa nel mio letto, dormiente. Un attimo dopo sono, distesa nel mio letto, vigile, ma incapace di muovere un solo muscolo.  Le palpebre, p e s a n t e m e n t e, chiudono i miei occhi.
Ho paura. Come sempre.
Avverto la loro presenza. Ne sento l’odore. Familiare. Disgustoso.
Ho la nausea.
La minima speranza che sia solo un incubo, alimenta la mia volontà di svegliarmi. Cerco di muovere le dita sapendo che poi, riuscendoci, aprirò anche gli occhi e tutto scomparirà.
Mi illudo. Come sempre.
Non ho più la percezione del mio corpo. Sono in loro potere.
Riprendo conoscenza nella grande sala dalle pareti luminosissime. Accanto a me, i miei fratelli e le mie sorelle distesi su lettini di acciaio. Non ho il controllo dei movimenti ma riesco a ruotare la mia testa. Non li conosco tutti e non li incontro mai sulla terra. Posso solo incrociare i loro sguardi quando Loro ci radunano. Ciò non avviene spesso. È più frequente l’esame individuale.
Il silenzio è innaturale. Non sento il mio cuore battere né il mio respiro affannoso. L’angoscia del pericolo che stiamo correndo è insopportabile.
Il suono terribile che preannuncia l’esame annulla i miei pensieri. Inizia come lo scroscio di mille cascate, poi rimbomba come mille esplosioni. Ad un tratto una voce, nonostante il frastuono di tempesta che mi disorienta, sembra arrivare direttamente alla mia coscienza. Il mio udito è invece dilaniato da uno stridore che dolorosamente cancella e inibisce e prostra e sopprime e strappa e consuma e lacera. Le parole, scandite con tono rassicurante e caldo, hanno un sapore crudele e senza scampo. Le dimentico appena la frase che compongono diventa di senso compiuto.
C’è qualcosa che non va.
Di solito la procedura di raccolta, esame e scelta, di per sé molto angosciosa, diventa minimamente tollerabile per il fatto che procede secondo uno schema ben definito, con momenti di dolore insopportabile intervallati da momenti di pace assoluta. Ma adesso qualcosa o qualcuno si sta intromettendo nel mio esame. Io riesco a percepire solo la presenza del guardiano, sulla mia destra. Poi arriva il Vuoto che, da tempo mi racconto, serve a farmi sopravvivere a quello che il mio corpo subisce. Neanche stavolta sono stata scelta. Il guardiano si è allontanato. Quelli che, fra le mie sorelle e i miei fratelli, sono stati scelti, sfilano silenziosi ai piedi del mio lettino. Li vedo perché riesco a sollevare malamente le palpebre. Quel tanto che basta per notare l’aria trionfante dei loro visi. Non dovranno più sopportare questa tortura. Nessuno ci ha però assicurato che essere scelti è una cosa buona. Di nuovo la voce mi parla. Allora non l’avevo immaginata! Stavolta le parole che si dissolvono sono accompagnate da una percezione tattile: qualcuno mi passa dolcemente le mani tra i capelli.
C’è qualcosa che non va.
La paura mi assale. La paura del mai sperimentato. La paura di un pericolo non visibile. La paura di un’intrusione. Emetto un lamento e il guardiano è subito da me. Non so se ho fatto bene a rivelare la presenza della voce. So solo che non permetterò che la voce mi imprigioni per sempre in questa dimensione, sovrastando l’anelato ultimo loro comando. So solo che voglio obbedire all’ultimo ordine che chiude la procedura, l’unica parola che ho mai sentito pronunciare da Loro:
S v e g l i a t i !
È da quel momento infatti che posso dimenticare. È da quel comando che il loro ricordo comincia a svanire, giorno dopo giorno, come se Loro fossero il marcio frutto della mia malata immaginazione umana. Questo mi  basta per sopravvivere fino alla loro prossima visita. E proprio quando il ricordo comincia a svanire, Loro ritornano.
« Ultima modifica: 04 Ottobre 2007, 22:43:40 da ramingo »
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« Risposta #18 il: 22 Novembre 2007, 22:57:23 »

ACQUA & TERRA
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(...e cristallo)

Io sono acqua che, goccia a goccia, sgorga dalla terra.
Lentamente, con molto impegno, formo un rivolo che poi, all’improvviso, diventa un fragoroso ruscello.
Sulle lisce pietre che lastricano il mio cammino, gorgoglio e zampillo e scroscio rumorosamente, conquistando nuovi terreni.
Continuo e uguale è il suono che mi accompagna.
Io sono acqua e in chi è disposto a farsi recipiente, io mi raccolgo.
Trattenuta, parte della mia essenza, si ferma e prende forma.
C’è chi si fa bicchiere e mi regala stralci di mondo visti attraverso pareti di cristallo.
Su chi si fa grata scivolo senza lasciare traccia.
In chi si fa diga mi raccolgo in un lago quieto. Silente mi placo, e cosciente di me, son pronta a raggiungere il mare.
A chi cerca di afferrarmi sfuggo fra le dita.
Travolgo e affogo chi si oppone alla mia irruenza di fiume.
Ma ormai la mia sorgente è esaurita.
Di me non resta che una pozza in un canneto.
Evaporo al caldo sole estivo. Mi alimenta la bruma del mattino.
Resto a marcire nel mio sedimento fangoso.
Non raggiungerò mai più il mare.
Nessuno ha sete di me.
Io sono acqua. Ma morta.

Io sono terra. Arsa.
Polvere e sassi e sabbia aggrego. Tenacemente. Nella pace di un tempo fermo.
Sono solida e immutabile.
Formo una pianura che il vento accarezza e che il sole riscalda.
Generosa permetto che si costruiscano dimore con la mia sostanza. Accolgo benevola chi cerca il riposo eterno. Offro un appoggio sicuro ai viandanti che seguono la via che porta ad ovest. A nessuno permetto di fermarsi. Qualcuno l’ha fatto, ma solo il tempo necessario per trovare se stesso nel cielo stellato che mi sovrasta. Non sono rifugio. Non celo tesori. Nel mio ventre si nascondono solo dei semi. Aspettano la pioggia.
Un pensiero talvolta mi turba. Lontano, al di là del crinale che disegna il mio confine, esiste una fonte. Alimenta un fiume che corre verso il mare. Lo so perché un suono smorzato e sgradito arriva dal crinale periodicamente. È un suono continuo, chiassoso. Senza senso. Ma presto me ne dimentico, avvolta dal sibilare del vento.
Io sono terra. Basto a me stessa.
Voglio mantenere tutto uguale, trovando sicurezza nella mia immutabile forma, ma nonostante ogni mio sforzo, le cose stanno cambiando. Il mattino presto ricevo la visita gradita della pioggia. Acqua silenziosa bagna la mia scorza arida. Forma solchi e pozzanghere. Io stranamente non mi oppongo. Pian piano la accolgo nel mio profondo e acqua raggiunge i semi che germogliano. Ormai verdi prati ricoprono quasi per intero la mia estensione. E il frinire di grilli allieta il mio giorno. E farfalle e fiori e odori e colori mi vanno conquistando gentilmente. I viandanti non tengono il solito passo spedito quando mi attraversano. Qualcuno sta costruendo una casa vicino al crinale. La materia di chi riposa in me rivive al sole sottoforma di licheni e muschio.
Solo un pensiero mi turba. Ora che la voce del fiume ha per me un senso, non la sento più sebbene tenda ogni mia fibra verso di lei. Ma presto me ne dimentico, avvolta dal ritmico cadenzato respiro della vita che in me ha messo radici.
Io sono terra. Fertile.

musica
« Ultima modifica: 21 Marzo 2009, 12:12:36 da ramingo »
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« Risposta #19 il: 22 Novembre 2007, 23:12:33 »

ok ci sei.

leggi dopo il racconto sennò facciamo notte....

 
« Ultima modifica: 22 Novembre 2007, 23:26:28 da ramingo »
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Lev Nikolaevic Myskin

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« Risposta #20 il: 22 Novembre 2007, 23:15:23 »

:D  :D  eccolo !!!! prove tecniche di trasmissione .....  
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Massimiliano

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« Risposta #21 il: 23 Novembre 2007, 00:17:42 »

Mizzica.. grandeeeee!!!!!!!!! :D  
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« Risposta #22 il: 17 Dicembre 2007, 11:23:54 »

VENTO

Cemento sotto i miei piedi scalzi.
Monti, cielo e verde nei miei occhi.
Corse di bambina verso l’albero di fichi. E salti e giravolte. Tra i panni stesi ad asciugare. Con un ramo secco nella mano destra a guidare il sole, le nuvole, il volo delle rondini. E cantare urlando la melodia dell’estate.
Io ti ho visto. So che volendo potevi farlo anche tu. Ti ho cercato da quando mi sono alzata. Di corsa mi sono vestita. Poi con indifferenza, come per fare altro, ho cercato il mare. E di sfuggita ho posato lo sguardo sulle colline.  Poi, gustato il mio successo nel trovarti dove volevo, mi sono allontanata, togliendoti la possibilità di vedermi a tua volta. E via verso lucertole da acchiappare, fuochi da accendere, formiche da stanare, vespe da schiacciare, bambole da vestire e pettinare, ruote da far girare, palloni da far rimbalzare, fiori da raccogliere, farfalle da inseguire, ragni da osservare, mosche da intrappolare, serpenti da avvistare con pronto l’urlo da lanciare appena intravisti fra l’erba. Attività che mi impegnano intensamente tanto da farmi scordare che potresti avermi scorta a mia insaputa.
Ma è gia sera. Il cielo si riempie di nuvole.
Il vento soffia impetuoso.
Io gli oppongo resistenza con ogni mio muscolo e nervo.
Tante volte mi ha portato via da posti in cui mi sentivo a casa.
Stavolta no. Non glielo permetterò.
Mi scaglia addosso tutto ciò che può. Ma io resisto.
Saggiando la mia nuova volontà, organizza una tempesta coi fiocchi. Un muro di nevischio si avvicina da nord. Conquista e ghiaccia ogni cosa. Fa arretrare l’estate in un angolo remoto a sud.
Ma più si impegna in questo suo intento, più in me cresce la consapevolezza di poter controbattere la sua mossa. La mattina non sapevo forse guidare il sole? Certo non era per mezzo del ramo. Ero io stessa a saperlo fare.
E allora allargo le braccia e dopo una piccola rincorsa spicco il volo.
Un lenzuolo, strappato via dal vento dal filo su cui stava steso, mi si attorciglia su ambedue le braccia. È un modo per farmi perdere la concentrazione. La sicurezza in me. Infatti sembra che per l’ennesima volta sarò allontanata. Portata via come una foglia. Ma arrivata ad una considerevole altezza, fotografando con malinconia il mio mondo che si allontana, posso vedere, là in una landa desolata, le mie donne che prostrate, affondando le mani nella terra per non essere separate, volgono gli sguardi a me. Guardano proprio me e mi attraggono nuovamente verso il basso. E io volo. Volo come aquila. Il vento non può niente contro di me. Ma è  un attimo. Devastante arriva la tempesta di ghiaccio. Mi abbatte con forza a terra. Il freddo e il silenzio mi dilaniano. Un pesante mantello gelido ha preso il posto delle mie ali di stoffa. Non posso muovermi. Mi toglie il fiato. Non mi sento più il cuore battere. Ma le mie donne hanno aperto già la porta di casa. E acceso il fuoco. Hanno visto dove cadevo e già mani amorevoli mi sollevano per posarmi nel giaciglio di paglia davanti al camino. Io sono sopravvissuta alla prova. Io ho vinto.
Domani sarà di nuovo estate e avrò cemento sotto i miei piedi scalzi da correre.
Un cielo da volare. Una porta da bussare chiedendo di te.
Domani monti, cielo e verde saranno nei nostri occhi.
Pietosamente le mie donne coprono il mio viso con un velo bianco. Stanotte veglieranno su di me. Domani mi restituiranno alla terra. Domani.
« Ultima modifica: 07 Giugno 2008, 20:54:13 da ramingo »
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« Risposta #23 il: 18 Dicembre 2007, 11:52:48 »

:ph34r:
« Ultima modifica: 21 Dicembre 2007, 12:13:33 da ramingo »
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« Risposta #24 il: 12 Marzo 2008, 22:23:40 »

PAPA'

Ho 34 anni.
Mia figlia di 4 anni dorme nel suo lettino messo di fianco a quello matrimoniale.
È una sistemazione momentanea.
Presto le metteremo a posto la  stanza in cui potrà espandere il proprio io insieme a tutto il mondo che sarà solo suo, fatto di giocattoli, libri, vestiti, pensieri.
Ma ancora è così piccola.
Ha paura del buio.
Il suo inconscio le fa temere l’abbandono. Teme di essere lasciata sola. Si sente indifesa nel suo lettino. Fino al mese scorso dormiva fra me e la mia compagna, anche perché essendo di salute cagionevole, in questi primi anni di vita, ha avuto bisogno di cure e attenzioni particolari. Che tenerezza mi fa quando, non avendo la possibilità di poter capire di avere paura di venire abbandonata, dopo essere stata già allontanata dal nido, appena spengo la luce, fa saltare fuori mostri e incubi dall’armadio.
No bimba mia! non ti stiamo allontanando. Non permetteremo mai a nessun mostro di portarti via!
Sai che c’è?
Invece di accendere di nuovo la luce per convincerti che non c’è nessuno e niente, ti dimostro che la paura che il mio amore sia diminuito non ha fondamento. Nel buio allunga il tuo braccio e dammi la mano. Visto? Nessun mostro l’ha ghermito. Il tuo cercarmi è stato premiato. Non posso però rischiare di farti prendere freddo. Allora stendo io il braccio e ti prendo le mani. A patto che sia solo per 5 minuti. Dormi figlia mia. Questo è solo il primo passo verso l’indipendenza che oggi ti fa paura, ma domani vorrai con tutta te stessa.
Una sola cosa voglio che tu sappia:ogni volta che nel buio allungherai il braccio per  cercarmi, io sarò lì, pronto a stringerti la mano. Come ora, sempre. Ma adesso basta con sta ‘mpiccia del mostro. Dormiamo.
Con gentilezza e fermezza lascio la tua mano e già quasi sogno. Dopo nemmeno un minuto mi chiami: “Papà? Paura!”.
Bimba mia, che rompiscatole sei!
Protendo  il braccio verso di te, ma appena fuori dal letto, zanne e artigli me lo dilaniano.
Scusa Emma. Solo ora so che avevi ragione…
« Ultima modifica: 12 Marzo 2008, 22:24:43 da ramingo »
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Salvatore

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« Risposta #25 il: 13 Marzo 2008, 14:00:47 »

Mi mancavano i racconti di Ramingo. Sentivo la mancanza!!!

 :lol:  :lol:  :lol:  Bella storia!! :lol:  :lol:  :lol:

mi è piaciuta un sacco! ;)  
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ramingo

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« Risposta #26 il: 09 Giugno 2008, 00:04:13 »

CAMMINANDO

Perdonami mio amore, ma la storia è semplice:
le gioie nel mio cuore si infrangono come onde di dolore
che spesso poi mi risucchiano.
Basterebbe improvvisare un ritorno alle origini.
Se tutto il giorno penso a te, non è solo il tempo a dire che,
 rimanere fermo qui a scrivere, fa male.
 Sempre a cercare di spiegare il perché in me
c’è una condanna a forma di spirale,
un vortice che della mia vita fa solo un “se…”.

(le vibrazioni -SE- officinemeccaniche)


Lo aveva detto come se fosse un ridicolo pensiero lasciato naufragare.

Elisa, gli aveva ficcato gli occhi nell’anima e aveva chiesto: “portami via.”.
Pregato: “Portami VIA!”
Insistito: “Portami via!”
Urlato: “PORTAMI VIA!”
 
“Affronterò tutte le mie paure…” aveva aggiunto con il solo pensiero, mentre le sue pupille si dilatavano all’estremo. Lo aveva detto a se stessa. E la sicurezza che ci aveva messo nel comporre tale proposito, inondò l’anima trafitta di Fabio.

Eccoli, fianco a fianco, sotto la porta nord della città. Figure scure in una fredda limpida mattina di febbraio.

La scelta di Fabio era quella di una persona che aveva dato tutto quello che doveva e che ormai voleva andare via per ricominciare. Senza rimpianti e senza rimorsi. Stava solo chiudendo un cerchio per disegnarne un altro con il compasso puntato sempre nel centro del suo cuore, ma con un raggio più ampio. Era sempre stato così. La sua vita era una serie di cerchi concentrici. Aveva cominciato cercandosi fra i monti innevati. Occhi lungimiranti lo avevano accarezzato riverberando nei suoi la luce di un tempo quieto e pieno. Aveva trovato l’abbraccio di una bimba nella hall dell’albergo affacciato sul mediterraneo. Si era finalmente trovato perdendosi nella nebbia della pianura, quando anche questo ennesimo giro si completava. Ed eccolo respirare l’aria del mattino, certo che, rispondendo al richiamo del mare, presto il peso dei ricordi sarebbe stato più leggero. Certo che i sogni passano solo se li si lascia passare.

Elisa aveva sempre dato quello che doveva. Così come da sempre aspettava invano il momento in cui sarebbe riuscita a realizzare quei progetti che rendono felici. Ferma in un tempo stagnante fatto solo di attesa, ormai il sole non la riscaldava più come quando credeva nella sua utopia. Rimanendo sveglia a metà, vivendo per sentito dire, riflettendo la vita d’altri, era solo capace di raccontare le storie che aveva visto, gli sbagli che sapeva fare. Dal mondo non era toccata. Nel mondo non era mai andata. Leggeva cose mai scritte, sentiva parole non dette, vedeva solo i dettagli avulsi di un quadro generale. Tesseva con i suoi sterili “se” una trama complicata e contorta e si inviluppava nella comoda coltre. E  più girava su se stessa, più soffocava. Il mare non le aveva mai fatto sentire la sua voce. Almeno fino a quando, stanca di aspettare qualcosa che non c’era, non guardò il sole sorgere e respirò l’aria del mattino. E implorò “Portami via! Portami dove non serve sognare”.

Fabio in silenzio comincia a camminare. Poi si ferma , si gira e le fa un cenno con la testa.  
Guarda Elisa fare il suo primo passo. Oltre.

 

A un passo dal possibile
A un passo da te
Paura di decidere
Paura di me
Di tutto quello che non so
Di tutto quello che non ho

(Elisa -Eppure sentire (un senso di te)- Soundtrack ’96-’06 greatest hits)


È difficile tenere il suo passo. Elisa affonda nella neve.
Fabio aspetta. Ma può farlo per poco tempo.
Inesorabile il compasso lascia l’orma sul foglio che racconta la sua vita. Fabio deve affrettarsi: il mare esige la sua presenza. Prima e dopo il sogno c’è la vita da vivere. E Fabio lo sa.
Elisa invece sa solo sognare. Vista la casa del guardaboschi, chiede già di fermarsi.
Eppure il mare è laggiù, riflette gli ultimi raggi del sole calante.

Elisa: “Regalami un po’ di calore”.
Fabio: “Adesso devo proprio andare”.
Elisa: “Vorrei tanto restassi”.
Fabio: “Lo so, se volessi, potrei restare”.
Elisa: “Viviamo qua assieme…”
Fabio: “Non insistere, dai”.
Elisa: “…moriamo qua assieme”.
Fabio: “Apri la porta. Non mi legare”.
Elisa: (sussulto gelido del cuore) “Allora questo è già un addio…”
Fabio: (respiro spezzato) “Si, mio mancato amore. Sarò nuvola e tempo che consola, sarò vento e nostalgia. Sognami e cancellerò la tristezza e il vuoto che avrai”.
Elisa: “Ma dimmi, saprò mai io vivere?”
Fabio: “Si, se avrai il coraggio di fare un passo dopo l’altro. Nel presente, senza rimpiangere il passato, senza temere di costruire il futuro. Si se guardare il mare non ti basterà, ma vorrai bagnare i piedi nell’acqua salata”.
Parlano aspettando che la luna sorga. Niente ha valore quanto la voce dell’uno per l’altra. Divampa il fuoco senza bruciarli.

E il tempo contò gli anni a chi non era stato pronto.
Elisa ancora cerca nei sogni e nel pianto, sente nei giorni silenziosi, Fabio.


 
« Ultima modifica: 08 Luglio 2008, 20:37:58 da ramingo »
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« Risposta #27 il: 08 Luglio 2008, 20:13:55 »

Vacanza

Come ogni anno il ritorno alla casa natia era un rito di purificazione che accompagnava puntualmente le vacanze estive.
Un tempo erano due i mesi da dedicare alle proprie radici, poi, pian piano, i mesi sono diventati settimane che, impercettibilmente, sono diventati  solo pochi giorni.
Da contare sulle dita di una mano.

Catarsi.

Rifugiarsi nella propria bolla atemporale lasciandosi tutto alle spalle.

Lontano.

Ma quanto poteva  essere capiente la riserva di buone vibrazioni custodita fra gli spessi muri della casa rurale? E, soprattutto, chi  avrebbe provveduto a rinnovarne le scorte quando il tempo avrebbe cancellato le persone che, con la loro quotidiana operosità, rendevano tutto vivo e significativo? Ecco a cosa pensava Emma mentre il treno la riportava verso il mare, mentre sonnecchiando dietro gli occhialoni da sole che nascondevano i suoi occhi tristi, stringeva fra le mani il libro che le offriva il pretesto per non essere disturbata dagli altri viaggiatori. Pensieri poco adatti alla splendida giornata che lentamente si consumava là fuori, per chi era già a casa. Lentamente si, quasi a dispetto della veloce corsa dell’intercity che attraversava paesaggi diversi con la stessa indifferenza. Metro dopo metro, chilometro dopo chilometro.
Un presagio fastidiosamente nero e freddo le rese più pesante il lungo viaggio e certo l’arrivo non ne migliorò l’umore melanconico.
La vecchia stazione era stata ‘ rimodernata’ con tutta una serie di migliorie che però avevano comportato un degrado fastidioso e fuori luogo. Un sottopassaggio ora permetteva di non attraversare i binari per raggiungere l’uscita e una passerella accompagnava le scale in modo da permettere ai viaggiatori di trascinare dietro di sé il loro mondo stipato in un trolley. Però il bianco di muri era stato percepito come un invito a lasciare iscrizioni poco consoni al luogo di villeggiatura che Emma ricordava svilupparsi lindo e ordinato al di là del parcheggio della stazione. La cosa che la infastidiva era l’indifferenza con cui gli altri passeggeri attraversavano quel tunnel vociando, abituati oramai al degrado insensato. Ebbe una stretta al cuore sentendo il commento di due anziani signori che aspettavano l’arrivo di un altro treno: 'perché? perchè queste scritte?' Di colpo ricordò che da piccola chiedeva spesso al papà di andare a vedere i treni partire, di come la stazione era un posto sicuro e decoroso: panchine allineate al muro di cinta intervallate da oleandri in fiore in grandi vasi, una zampillante fontanella in cui facevano il bagno i pettirossi, cicale e grilli che frinivano senza sosta nel canneto che incorniciava la massicciata esterna. Come era bello sentire lo scampanellio che annunciava il treno in arrivo e quale brivido accompagnava il suo cadenzato passaggio. Poi c’era il saluto al capostazione che con tanta cortesia rispondeva alla solita domanda sui treni in transito: 'questo dove va?'
 
Emma si diresse  verso lo spiazzale degli autobus e pazientemente attese il suo, seduta sul trolley.
« Ultima modifica: 04 Settembre 2008, 15:38:03 da ramingo »
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« Risposta #28 il: 21 Luglio 2008, 23:02:34 »

Andrea


Racconto è desiderato.
Andrea deve assolutamente trasporre sul foglio le impressioni e le emozioni che gli affollano la mente e il cuore.
Ispirazione  però non è con lui.

Inizia così ad invocarla…
 
si avvicinò a lui e gli prese la mano.
Lentamente la strinse e l’accarezzò.
Dolcemente la sfiorò con le labbra.
Lui dormiva.
Il suo respiro era una dolce melodia che cullava l’anima di lei.
Il ritmo di quel respiro pareva unirsi all'unisono con il cadenzato
 rumore del vento che giungeva dalla finestra lasciata socchiusa.
(Erano parte del tutto. Erano il tutto.)
Poi nel dormiveglia le mani di lui cercarono il viso di lei. I polpastrelli ne scandagliarono pigramente i semplici lineamenti. Complicatamente semplici ma capaci di far risaltare i penetranti occhi verdi, occhi che racchiudevano immagini molto belle e fantasiose tali da poter far sciogliere un ghiacciaio. Le mani ruvide di lui creavano un piacevole attrito sulla pelle di lei, candida e morbida. Quelle  mani ruvide, seguendo i percorsi sinuosi del corpo, le narravano di un viaggio, dei ritagli di un viaggio lungo una vita, della pienezza delle cose conquistate, del rammarico per le cose perse, delle numerose facce scrutate e delle poche ammirate, della falsità celata in alcuni di quei lisci e marmorei visi, della bontà scoperta in quelli segnati dal lavoro nei campi, della sincerità profonda svelata da innocenti sguardi.

Boom!

Un fragore interruppe il dolce quadretto. Un colpo di vento.  Un filo d'aria aveva fatto, un po’ per volta, spalancare le imposte, un pò per volta, e poi un soffio dal più  forte impeto aveva deciso di richiuderle determinando il molesto rumore, spezzando la sincronia del respiro dell’uomo con quello dell’infinito.



Ispirazione ha assolto il suo compito e va via.
Sogno , ormai destato da Caso , svanisce.
Rimane solo Oblio  che già avvolge Racconto , nascondendolo agli occhi di...
« Ultima modifica: 20 Marzo 2009, 17:43:50 da ramingo »
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sotto questa maschera troverai un volto, ma quel volto non é il mio
più di quanto lo sia la carne o le ossa ancora più sotto di esso.

Massimiliano

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« Risposta #29 il: 23 Luglio 2008, 22:46:46 »

... ullapeppa....  
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Tutto è possibile... Basta crederci!

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Errare è umano... ma per fare veramente casino ci vuole la password di root!
 

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